Il trono sul quale siede Gesù è una croce di legno, segno
di vergogna e di disprezzo. Quanta difficoltà faccio a riconoscerti come Figlio
di Dio, vedendoti morire in quel modo, inchiodato alla croce.
Su chi può dominare un condannato di questa specie? A chi pretende di parlare
un uomo ridotto in queste condizioni disumane, irriconoscibili, senza bellezza
né splendore, molto simile ai morti gettati nelle fosse comuni, ai corpi
sfigurati dalla fame, ai tanti senza nome, né dignità?
Eppure, mio Gesù, anche un delinquente, ha saputo riconoscere la tua regalità
di amore più di me. Su quel legno c’è il cuore di Dio che accetta il
silenzio, il nascondimento, l’inesistenza, il disprezzo, perché Dio sa amare
soltanto in questo modo. Su quel legno c’è la nostra definitiva
vittoria.
Non possiamo dimenticare, in nessun momento, che per Gesù regnare è servire, anche se talvolta con la nostra vita non lo condividiamo.
Tu, Gesù, sei il re che si piega fino ad accorgersi dei
ciechi, dei lebbrosi, degli storpi, dei sordi, dei peccatori, e mi chiedi di saperti
riconoscere in tutti questi poveri del regno. Ti imploro, Gesù, mio re, lascia
che mi pieghi davanti al tuo trono dal quale abbracci il mio nulla, le mie
inconsistenze.
Gesù ama tutti. Anche il delinquente crocifisso accanto a Lui. Gesù,
ricordati di me quando sarai nel tuo regno. Non solo di me. Anche di tutti
quelli che il Tuo amore sa instancabilmente accogliere.
Ricordati di ogni povero, ogni ammutolito, ogni dileggiato del mondo, ogni
vittima di violenza.
Gesù, mio Re, Re delle mie povertà, Re dei miei pentimenti,
Re della mia ricerca, Re dei miei ritorni, Re del mio amore penitente. Lascia
che mi pieghi fino a terra davanti a te, re che mi solleva, che mi ridà dignità
che, guardandomi negli occhi, li illumina con il suo splendore. Oso dirtelo
Gesù: Ti amo, ti desidero, ti cerco. Ti cerco, ti desidero, ti amo.