Dieci lebbrosi si avvicinano a Gesù supplichevoli mentre egli attraversa la Samaria per recarsi a Gerusalemme, egli comanda loro di adempiere alle prescrizioni rituali in uso per la purificazione da questo morbo maligno: recarsi dal sacerdote per esaminare il loro caso di malattia e seguire alcune prescrizioni di purificazione ai fini di ottenere la guarigione.
Gesù non li guarisce direttamente, ma loro si ritrovano guariti mentre si allontanano da Gesù a compiere il gesto di presentazione ai sacerdoti che avrebbero dovuto constatare la loro guarigione e la successiva reintegrazione della comunità. Hanno certamente un primo atto di fiducia in Gesù, eseguendo un suo comando ancor prima di essere guariti. La guarigione avvenuta sulla loro pelle però sembra non penetrare nel loro cuore. Gesù non ha voluto mostrare poteri strani davanti a loro, ma li lascia liberi di accorgersi di quel che accade loro e di trarne le conseguenze.
Un samaritano, uno straniero potremmo dire, proprio uno che forse era il meno condizionato dalle consuetudini religiose del tempo, solo lui si accorge di Dio e torna a lodarlo in Gesù. Quel maestro Gesù che non sembra aver fatto nulla di strano riguardo la sua guarigione, per l’uomo guarito invece rappresenta il volto umano di Dio. Torna a ringraziare con un movimento spirituale che evidenzia che il miracolo lo ha già dentro e lo salva in maniera più profonda rispetto alla guarigione della pelle.
Il saper dire grazie a livello umano, che sembrerebbe una cosa banale da confinare ai piccoli doveri di buona educazione, in realtà ha la potenza di salvare la nostra vita, perché apre alla conoscenza di Dio accanto a noi, e ci apre ad un modo nuovo di stare tra esseri umani.
Per dire grazie bisogna saper riconoscere che da soli non possiamo fare nulla e che siamo uno affidato all’altro, con le nostre povertà, ma anche con le nostre immense capacità umane.
Sarebbe bello misurare la nostra giornata in quanti “grazie” riusciamo a dire, scoprendo quanto amore riceviamo che è segno del grande amore di Dio. Sarebbe bello anche vedere quanti “grazie” sappiamo suscitare in chi ci sta accanto, senza pretendere nulla, ma con il desiderio di fare anche poco ed esser così segno dell’amore di Dio che passa attraverso i nostri gesti.
Ogni domenica ci troviamo a dire grazie nell’Eucarestia, che significa letteralmente “rendimento di grazie”.
Rendere grazie a Dio è un’espressione di umiltà estrema con cui, anche se sempre incapaci e insufficienti, siamo in grado di esprimere la nostra riconoscenza al Signore che per noi è stato fautore di ogni grazia ed esternare così un atto di affidamento a Lui.
Diciamo grazie a Dio e da lui impariamo a dirci grazie reciprocamente, riconoscendoci comunità di persone che si amano, si sostengono, si aiutano, condividono.