Se i poveri, gli emarginati non vengono in Chiesa e nelle nostre
strutture, allora è la comunità cristiana, saranno i preti che hanno studiato
su come fare i preti, le comunità religiose, i religiosi sempre impegnati a
stampare progetti educativi, le poche suore rimaste in convento che si fanno
ancora chiamare madri e sorelle, gli operatori sociali e pastorali che devono
uscire loro incontro.
Se i poveri vivono nella baraccopoli delle grandi
città, magari privi dei servizi essenziali (acqua, fognatura, scuola, medicine)
lì bisognerà trovare modalità di presenza e di condivisione.
Se i minori vivono sulla strada, nelle stazioni
ferroviarie, nelle bande giovanili, facile preda della malavita, gli educatori
che li vogliono raggiungere devono farsi animatori della strada e prepararsi
adeguatamente a contattarli, ad evangelizzarli con metodi nuovi, in uno spirito
di grande creatività e di fantasia apostolica.
Ci vuole talvolta coraggio per invertire
l’orientamento. Anziché attenderli nel caldo e nella pulizia delle nostre
strutture e istituti storici, si dovrebbe uscire più spesso all’aperto, aprire
il cancello del proprio istituto, operare senza troppe reti di recinzione e di
protezione, ma con l’ansia di incontrare chi è nel bisogno.
ADAMO CALO’. CONFERENZA. PADOVA 2011