Quella di oggi sembra una parabola un po’ difficile da interpretare. Ma ciò che appare evidente è che un amministratore infedele ha saputo, sotto l’urgenza della situazione, provvedere in fretta, con scaltrezza e con furbizia, al suo avvenire. Tutto è male quello che ha fatto, ma il rimedio rapido e drastico adottato è una lezione per chi ascolta l’annuncio del regno di Dio.
Si parla di iniqua ricchezza, causa di tante ingiustizie. Lo possiamo applicare alla realtà che constatiamo ogni giorno. Di imbroglioni è pieno il mondo, e non solo di quelli noti perché le loro trame arrivano ai giornali e telegiornali. Nulla di straordinario, dunque, in questa parabola di Gesù, se non fosse, a sorpresa, che egli continua lodando quell’amministratore disonesto, perché aveva agito con scaltrezza.
Gesù continua a mettere in guardia i credenti dal pericolo delle ricchezze, invita a farsi un tesoro nei cieli dandole in elemosina, esorta ad amministrare il denaro in maniera saggia, con una sana furbizia, quella dei figli della luce.
Che rapporto ho io con i
soldi? Che uso ne faccio? Mi chiudono in me stesso o nelle mie prospettive
mondane o nei miei vizi o in miraggi di grandezza oppure mi aprono all’amore,
ad un senso alto della vita, alle prospettive della solidarietà, della
giustizia, della rettitudine di coscienza?
Se penso all’eternità, alla quale devo prepararmi, a cosa mi servono i soldi? Certo:
la famiglia, il futuro, la cura della salute, una vita dignitosa… tutte cose
giuste.
La tentazione dell’attaccamento ai soldi c’è per tutti, c’è sempre. Ha inquinato e rovinato tante società, ha inquinato e in certi momenti ha rovinato anche la vita della Chiesa. Per fortuna, ci sono stati e ci sono persone e famiglie che hanno scoperto e hanno vissuto la grazia della semplicità, della virtù della povertà, dell’amore pieno, gioioso e libero a Dio e ai poveri.
C’è un solo modo di liberarsi dalla schiavitù della
ricchezza: farsi “amici” per mezzo di ciò che si ha, cioè con l’impegno della
solidale condivisione con i poveri.