San Gennaro nacque a
Napoli nella seconda metà del secolo III. Di famiglia nobile e molto cristiano,
predilesse fin dalla sua giovinezza la vita ecclesiastica. A trent’anni era
sacerdote e vescovo di Benevento, quando scoppiò la persecuzione di
Diocleziano. Grande era la sua amicizia col diacono Sosio, che consultava
sovente circa gli affari della diocesi, trovando in lui molto sapere e conforto
spirituale.
Un giorno, mentre Sosio leggeva il Vangelo nella chiesa, il
Vescovo vide scintillare sopra il suo capo una fiamma che conobbe essere
preannunzio del martirio. Pieno di giubilo per tanta grazia, baciò il capo di
colui che doveva patire per amore di Gesù Cristo e ne rese grazie al Signore,
rimanendo in attesa che si compisse la volontà di Dio. Difatti. poco dopo, per
ordine del giudice Draconzio, il santo diacono fu chiuso in prigione. Ciò
saputo Gennaro andò a visitarlo, ed entrato nel carcere: «Perché, esclamò,
quest’uomo di Dio è tenuto prigioniero senza alcun motivo?». Riferite queste
parole a Timoteo, prefetto della Campania, questi fece arrestare anche Gennaro.
Il nostro Santo, gettato in una fornace ardente, ne uscì
illeso. Pertanto il prefetto preso da sdegno, ordinò di stirare il corpo del
Martire, fino a rompergli le articolazioni. Frattanto un altro diacono, Sisto,
ed il lettore Desiderio, presi e incantenati, furono trascinati, insieme col
Vescovo, davanti al carro del prefetto, fino a Pozzuoli e gettati nella
medesima prigione ove erano detenuti Sosio e Proculo ed i cristiani Eutiche e
Ponzio già condannati alle belve.
Il giorno dopo furono tutti esposti alle fiere
nell’anfiteatro; ma queste, dimentiche della loro naturale ferocia, si
accovacciarono ai piedi di Gennaro. Intanto il prefetto, attribuendo ciò a
incantesimi, pronunciò contro i martiri di Cristo la sentenza capitale, e
divenuto cieco sull’istante, non ricuperò la vista che per le preghiere del
Santo.
A questo miracolo quasi cinquemila uomini abbracciarono la
fede di Cristo. Tuttavia l’ingrato giudice non convertito dal beneficio, anzi
sdegnato per la moltitudine delle conversioni e fanatico osservatore dei
decreti imperiali, ordinò che il santo Vescovo coi compagni fossero uccisi di
spada il 19 settembre.
I Napoletani, dietro avviso celeste, accorsero a raccogliere
in ampolle parte del sangue del martire San Gennaro e trasportarono il corpo
prima a Benevento, poi a Montevergine e infine nella cattedrale di Napoli, ove
fu eletto a patrono principale della città.
Napoli attribuì alla sua protezione la grazia di essere stata
liberata da molteplici e violenti eruzioni del Vesuvio, e dalle armi di molti
nemici che avevano giurato la sua rovina.
Nella cappella del Tesoro della cattedrale si conserva il
capo e due ampolle di sangue del santo Vescovo: quivi da sedici secoli si
ripete il miracolo detto di S. Gennaro. Tale portento venne studiato da dotti
di ogni secolo e d’ogni fede e tutti furono d’accordo nell’attribuirlo ad un intervento
soprannaturale.
Infatti, allorché nella ricorrenza del suo martirio e della
sua consacrazione episcopale si pone il capo del Santo martire, racchiuso in
una preziosa custodia, alla presenza del suo sangue raggrumato e contenuto in
due ampolle di cristallo, senza l’intervento di alcun agente esterno, la massa
del sangue del martire passa dallo stato solido allo stato liquido e lo si vede
bollire.