San Giuseppe da Copertino nacque nell’anno 1603 da pii genitori e prevenuto
dall’amore di Dio, passò la sua infanzia in santa semplicità e purezza di
costumi. Liberato dalla Vergine Madre di Dio da una lunga e molesta malattia,
sopportata con mirabile pazienza, si diede con fervore alle pratiche di pietà,
e per unirsi più strettamente a Dio che lo chiamava a grandi cose, risolvette
d’abbracciare l’ordine serafico.
Dopo varie peripezie, fu ricevuto tra i Minori Conventuali del convento
della Grottella, dapprima come laico e poi come chierico. Dopo la professione
solenne, ordinato sacerdote, si propose di condurre una vita ancor più
perfetta. Cosicché avendo rinunziato a tutti gli affetti mondani e alle cose
non assolutamente necessarie alla vita, martoriò il corpo con ogni sorta di
austerità e sofferenze, mentre nutriva continuamente lo spirito col soave
alimento della orazione e della contemplazione più sublime.
La sua ardentissima carità rifulse singolarmente nelle estasi e nei rapimenti. Era obbedientissimo ai suoi superiori. Imitò talmente la povertà del serafico suo Padre S. Francesco che, sul punto di morire, poté confessare con tutta verità al suo superiore di non aver nulla da lasciare. Pertanto morto a sé ed al mondo, manifestava la vita di Gesù nella sua carne.
Eroica fu la sua carità verso i poveri, gli infermi. La sua carità non escludeva neppure quelli che lo assalivano con oltraggi ed ingiurie, accettando tutto con la stessa pazienza, dolcezza e serenità che mostrò nel sopportare le tante e penose vicissitudini della sua vita.
Ammirato poi non solo dal popolo ma anche dai prìncipi per
la sua eminente santità e doni celesti, egli si mantenne talmente umile, che
stimandosi gran peccatore, pregava Dio con insistenza perché gli sottraesse i
suoi doni straordinari, e chiedeva agli uomini che dopo morte gettassero il suo
corpo in un luogo dove la sua memoria fosse del tutto obliata.
Ma Dio che esalta gli umili e che aveva arricchito il suo servo di celeste
sapienza, del dono della profezia, della penetrazione dei cuori, delle
guarigioni e d’altri privilegi, rese preziosa anche la sua morte e glorioso il
sepolcro.
Come aveva predetto morì a Osimo, a 61 anni di età.Benedetto XIV lo inscrisse
nell’albo dei Beati, e Clemente XIII in quello dei Santi. Clemente XIV ne
estese l’Ufficio e la Messa a tutta la Chiesa.