In soccorso alla minoranza Rom nella fase post terremoto: Ripartire dai più esclusi ed emarginati
Descrizione del progetto:
I terremotati dell’area di Lezhe hanno visto le loro casette, costruite senza molti accorgimenti tecnici, lesionarsi o subire danni sulla stabilità al punto da obbligare l’evacuazione per la sicurezza familiare. Sono centinaia i nuclei familiari che si sono ritrovati senza nulla della normale vita quotidiana per la forza distruttiva di un terremoto violento e per le scosse di assestamento geologico che comunque perdurano anche nel momento in cui viene scritta questa proposta progettuale. Si fa presente che il territorio di Lezhe, sia quello urbano che quello rurale, non dispone di molte strade asfaltate e le piogge successive al terremoto hanno creato una situazione di difficile mobilità per le persone, che pur dispongono di mezzi di trasporto assortiti, dai carretti trainati da cavalli o da robuste macchine fuoristrada. La paura della gente si è manifestata soprattutto nel rinunciare a rientrare nelle case e a dormire all’aperto nonostante il primo freddo di questa stagione autunnale. A causa degli smottamenti del terreno, dai detriti e dal fango, gli abitanti di un vasto territorio hanno dovuto forzatamente spostarsi in sistemazioni di fortuna, o nei piccoli campi di accoglienza allestiti dalle autorità governative. In un quadro che prima dell’evento sismico sembrava stabilizzato nelle tipiche difficoltà albanesi, sostenuto da una costante azione missionaria, sia caritativa che di sviluppo, il terremoto ha rappresentato una seria e grave battuta d’arresto. Il conforto e l’azione di sostegno materiale e psicologico alle donne, ai nuclei familiari e ai bambini traumatizzati da una catastrofe naturale di questa portata si dovrà protrarre per settimane incessantemente, senza la possibilità di poter offrire una graduale ripartenza nelle attività di autonomia familiare. Almeno 300 nuclei familiari Rom sono stati assistiti in questi primi giorni con la fruizione di distribuzione di pasti caldi, di indumenti, di materiale igienico per l’uso personale. Molti sono rimasti in attesa di una nuova sistemazione. Le donne, anche le più giovani e mamme, hanno rivelato la capacità di assumersi la responsabilità del disagio. Si sono spesso organizzate per trovare delle risposte alle urgenze; hanno saputo anche oltrepassare le proprie esigenze familiari per abbracciare quelle di un’intera collettività che in molti casi ha perso tutto. La Comunità Religiosa dei Padri Marianisti si è subito attivata per far fronte ad un’azione di soccorso, soprattutto in rapporto all’impegno costruito negli anni in favore della gente Rom, che si è subito rivelata sproporzionata alle risorse disponibili. Intendono lavorare per riaccendere le speranze di tanti nuclei Rom poverissimi e disperati, già comunque poveri prima del terremoto. Hanno maturato la convinzione della necessità di un progetto che sappia esprimere un’emergenza di qualità con l’intento di: • far fronte alle urgenze primarie; • comprese quelle di prevenire l’insorgenza della denutrizione e delle malattie per le carenze igieniche tipiche della comunità Rom; • contenere l’abbandono scolastico dei minori Rom svantaggiati nell’avvio dell’annualità scolare, interrotta dal terremoto; • infine, di scongiurare il ricorso a una vita fatta di espedienti illeciti quali i furti, il commercio della droga e la pratica della mercificazione sessuale per l’ottenimento di facili e immediati guadagni, sollecitando piuttosto la fiducia in una ripartenza accompagnata dal sostegno esterno. E’ importante avviare un percorso di solidarietà per non perdere quanto è stato pazientemente avviato per la crescita um