Fu
Vescovo di Sebaste, in Armenia, e martire nel IV secolo presumibilmente sotto
l’imperatore Licinio. Il suo culto è molto esteso in Oriente e anche in
Occidente. Probabilmente il suo martirio avvenne nell’anno 316 e quindi è stato
tra le ultime vittime delle persecuzioni, che Licinio, nel tentativo di
sopraffare Costantino, continuò in Oriente, anche dopo l’editto del 313 che vi
aveva posto fine.
Mentre Biagio veniva condotto alla città per presentarsi al
cospetto dell’imperatore furono più i miracoli compiuti dei passi da lui fatti.
Rapidamente si sparse la voce in quella terra che passava il
Vescovo prigioniero e molti accorrevano a salutarlo, altri per essere guariti,
altri consolati. Per tutti il Santo aveva una parola, un sorriso, una carezza e
non pochi si trovarono sanati senza aver chiesto nulla, solo perché qualcuno
aveva letto nel loro cuore.
Accorse anche una donna piangente, tenendo tra le braccia il
figlio morente chiedendo che Biagio lo guarisse: mentre mangiava una lisca di
pesce gli si era confitta nella gola e nulla era valso a toglierla e il ragazzo
era alla fine. Il vescovo pose le mani sopra il corpo esanime, e rapidamente la
vita ritornò e tossendo il ragazzo sputò la spina e fu sanato. Disse allora
Biagio che tutti quelli che l’avessero invocato nelle tribolazioni della
malattia avrebbero avuto il suo aiuto.
Rimane ancora nel giorno della sua festa l’uso della
benedizione della gola, ovvero la benedizione di San Biagio contro le malattie
di gola, inserita nel Rituale romano.
Un tempo, specialmente in campagna, pochi vi avrebbero
rinunciato perché si diceva che preservava nell’anno da tutte le malattie della
gola. Dopo la messa il 3 febbraio il sacerdote in piedi sul presbiterio pone
due candele incrociate sotto il mento a contatto della gola a ciascuno dei
fedeli che, uno alla volta, passano davanti a lui e s’inginocchiano.
A ognuno impartisce la benedizione con le parole: «Per
intercessione di San Biagio, Vescovo e Martire, Dio ti liberi dal male della
gola e da ogni altro male. Nel nome del Padre, del figlio e dello Spirito
Santo. Così sia».
Altro uso del giorno di San Biagio è la distribuzione in
chiesa di piccoli pani benedetti. Si dice che sia stato il Santo a indicare un
semplice rimedio per cacciare le spine di pesce che restano nella gola,
consistente nell’inghiottire una mollica di pane, e i pani benedetti vorrebbero
ricordare proprio questo. La leggenda vuole che il Santo, oltre alla
benedizione, dette a mangiare al ragazzo anche una mollica di pane.
Il corpo di Biagio venne sepolto nella chiesa cattedrale di
Sebaste; ma nel 732 una parte dei resti mortali viene imbarcata da alcuni
cristiani armeni alla volta di Roma. Una improvvisa tempesta tronca però il
loro viaggio a Maratea (Potenza): e qui i fedeli accolgono le reliquie del santo
in una chiesetta, che poi diventerà l’attuale basilica, sull’altura detta ora
Monte San Biagio, sulla cui vetta fu eretta nel 1963 la grande statua del
Redentore, alta 21 metri.