Diceva
Papa Giovanni Paolo II: Occorre distinguere il carisma dalle forme contingenti
in cui esso è stato espresso nel passato, e sarà opportuno operare una
revisione equilibrata e realistica, all’insegna dei principi della
sussidiarietà e della complementarietà, che forse attendono nuove esplicitazioni per aderire meglio all’odierna situazione di una Congregazione.
Può quasi sembrare che alla base di simile
richiesta ci fosse stata una motivazione storica, una lettura soltanto
sociologica o funzionale. Ma forse non era così. Il concilio Vaticano II aveva
posto in evidenza l’ecclesiologia di comunione, come lettura delle diversità
culturali e geografiche e il senso dell’unità del popolo di Dio.
Come rispettare le differenze senza nuocere
all’unità? C’è ancora un rapporto di comunione e unità della Congregazione tra
le diverse comunità sparse nei continenti, non fosse altro che per l’estensione
geografica e per la dimensione multiculturale? Come garantire un legame di
amore e di appartenenza che vada oltre il senso di adesione storica o forse
ormai soltanto giuridica?
Si tratta di interrogarsi su come la Congregazione
oggi, nel nuovo contesto multiculturale, ben diverso dai tempi iniziali, vive e
si trasforma, si identifica e si differenzia, si distingue e si accomuna nei
diversi continenti, per cui si diventa e ci si riconosce confratelli a motivo
di una propria identità carismatica e missionaria e non malgrado essa.
INCONTRO SUPERIORI MAGGIORI DEI ROGAZIONISTI A MESSINA. MA C’È ANCORA UN RAPPORTO DI COMUNIONE E UNITÀ DELLA CONGREGAZIONE TRA LE COMUNITÀ SPARSE NEI DIVERSI CONTINENTI?
previous post