L’umiltà consiste essenzialmente nel volgere il proprio
sguardo al di fuori di se stessi, verso Gesù e verso le grandi realtà della
fede, come la grandezza di Dio e la piccolezza dell’uomo, l’eternità e la
limitatezza del tempo, la speranza del paradiso e la minaccia proveniente dalle
nostre debolezze, la bellezza della santità e l’orrore del peccato.
“Chi si umilia sarà esaltato”. Per diventare umili, bisogna cominciare ad
amare. È quello che ha fatto Gesù. L’amore misericordioso l’ha fatto scendere
dal cielo. L’amore l’ha spinto sulle strade della Palestina. L’amore l’ha
condotto a cercare i malati, i peccatori, i sofferenti. Lo stesso amore l’ha
portato, senza indugi, alla sua meta, il Calvario, dove “umiliò sé stesso
facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce”.
L’umiltà è stata la forma esteriore della sua carità divina e il suo
accompagnatore esterno. L’umiltà è stata un atteggiamento proprio della santa
Madre la vergine Maria che, per la sua purezza, fu a Dio gradita e, per la sua
umiltà, attirò Dio a sé, perché Dio “resiste ai superbi; agli umili invece dà
la sua grazia”. Maria era umile perché amava la volontà di Dio e delle persone
che erano intorno a lei.
“Chi si umilia sarà esaltato”. Come possiamo noi mettere in pratica questa
frase del Vangelo? Dovremmo darci come obiettivo la carità primordiale del
Vangelo e cercare di servire tutti quelli che incontriamo. Ogni persona è
nostro Signore, e in ognuna di esse noi abbiamo il dovere di vedere il volto di
Gesù e il privilegio di servire il Signore.