La povertà nella vita religiosa non è una questione di permessi
per ottenere tutto e accumulare così tante cianfrusaglie in camera da
trasformarla in emporio. Non è la dipendenza dal superiore per viaggi
all’estero, o vacanze più o meno apostoliche e mezzi in quantità per lavorare
tranquillamente nel proprio campo dove tutti hanno questo o quello.
Povertà è povertà. Distacco totale dalle cose, abbandono serio, nei fatti, alla
Divina Provvidenza, un camminare sulle acque senza
sicurezza di polizze assicurative o di conti in banca.
E’ gratuità di ministeri e dimostrazione chiara che
non si fa della pietà un motivo e occasione di lucro.
FELICE SCALIA, sj. in: Pastorale vocazionale: interrogativi scomodi.