L’evento rappresenta ogni anno un’importante testimonianza di convivenza civile tra popoli diversi. La Capitale ha imparato con gli anni a riconoscere l’importanza dello stare insieme, ma bisogna ancora lavorare molto per abbandonare i luoghi comuni che ci sono soprattutto per quanto riguarda i migranti. La paura del diverso, dello straniero, di chi ha un’altra cultura ci fa rimanere chiusi in noi stessi ed è il modo peggiore per affrontare l’accoglienza e il fenomeno della migrazione.
La Festa dei Popoli diventa sempre un incontro che crea solidarietà e fa superare qualsiasi distanza, come appunto si vede nella celebrazione eucaristica, dove ogni etnia ha un suo spazio e si partecipa tutti insieme.
La celebrazione eucaristica della Festa dei Popoli nella Basilica di San Giovanni in Laterano, è stata presieduta dal cardinale segretario di Stato, Pietro Parolin, che ha posto l’accento sul brano del Vangelo, un vero e proprio testamento di Gesù che ci parla del nuovo comandamento, ovvero amarci a vicenda come Lui ha amato noi.
Il comandamento nuovo è la base per ogni azione umana di amore, poiché noi amiamo perché siamo stati prima amati da qualcuno e questo porta ad accogliere e creare un mondo nuovo soltanto con l’amore libero e incondizionato di Cristo. È necessario capire che le differenze tra le varie comunità ed etnie sono una vera ricchezza. Al contrario, chiudersi in se stessi o anche solamente ignorare l’altro significa non amare e la mancanza di amore è il primo passo per uccidere l’altro nel nostro cuore, estrometterlo ed emarginarlo.
La celebrazione eucaristica è stata animata da 26 comunità etniche provenienti da diverse nazionalità.