La storia di Milena Zambon, internata in Germania per aver provato a salvare ebrei e perseguitati. Ma è proprio nell’inferno che è cambiata (per sempre) la sua vita.
Partigiana a 20 anni, sopravvissuta al temuto lager di Ravensbrück, sperimentando la vicinanza di Dio, poi monaca benedettina di clausura. «Mi sono salvata solo grazie al Rosario», diceva Milena Zambon (1922-2005), poi diventata per tutti Suor Rosaria.
Nata a Malo (Vicenza) nel 1922 e ultima di otto fratelli, nel 1944 viene arrestata a Padova per aver favorito l’espatrio di ex prigionieri alleati e perseguitati politici e destinata ai campi di Ravensbrùck e Wittenberg.
Quando le amiche sorelle Martini (oggi nomi noti della Resistenza) le chiedono aiuto per la rete clandestina di padre Placido Cortese, la “Catena di salvezza”, Milena dice sì: «la proposta mi entusiasmò oltre ogni dire», scrive nelle sue “Memorie”. Scorta in treno al confine di Como ex prigionieri alleati, ebrei e perseguitati politici «nonostante la caccia delle Ss tedesche. Mi ero messa in quell’impresa pericolosa per carità cristiana. Mi affidavo alla Madonna, ricorrendo a lei con cieca fiducia in ogni mio bisogno», chiedendo salvezza non per sé ma per i profughi.
Arrestata, torturata nelle carceri di Venezia e Bolzano, non rivelerà i nomi della rete. Fa lo stesso anche padre Cortese, che verrà trucidato. Nel giardino dei Giusti di Padova sono ricordati entrambi con i giovani della Catena. La condanna alla fucilazione verrà commutata in lager a Ravensbrück (123mila prigioniere da 20 nazioni), poi a Wittemberg, a 100 chilometri da Berlino.
Nel 1944 le truppe dell’Armata rossa liberano il campo e anche lei fugge, curandosi nelle infermerie militari. A Wittemberg, durante il saccheggio della città, prenderà per sé pane nero e un Rosario. Nel 1945 torna in Italia gravemente malata; trascorre due anni in case di cura.
Il 12 maggio 1948 avverte che la sua vita deve volgersi in un’altra direzione: entra nel monastero benedettine di Sant’Antonio in Polesine a Ferrara dove, col nome di suor Rosaria, ha vissuto la sua vita di monaca di clausura.
Nel silenzio di un ex deportata solo Dio può guardare: «nei continui terrori avevo sentito sempre il Signore accanto come fossimo in due», annota, «come un aiuto soprannaturale a non spegnere la voce della coscienza e a non perdermi».
Prenderà il nome di suor Rosaria e per obbedienza scriverà le sue Memorie. E’ andata in cielo il 23 ottobre 2005.